Miracoli

Miracoli

Sant’Antonio
di Padova

è conosciuto anche come il Santo dei Miracoli, o il Taumaturgo, cioè colui che opera prodigi.

Quali e quanti sono i miracoli attributi a Sant’Antonio? Innumerevoli. Ne diamo una breve rassegna, seguendo il racconto delle prime biografie.
Opere di grandi artisti, quasi tutte ammirabili nella Basilica, accompagneranno ciascun miracolo.

La mula

Durante un dibattito fra Antonio e un eretico circa la presenza di Gesù nell’Eucaristia, l’eretico sfida il Santo a dimostrare con un miracolo la vera presenza di Cristo nell’ostia consacrata, promettendo che se ci fosse riuscito si sarebbe convertito alla retta dottrina.

Spiega poi il suo piano: avrebbe tenuto chiusa la sua mula per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Allo stesso tempo Antonio avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale si fosse inginocchiato davanti alla particolare, ignorando il cibo, si sarebbe convertito.
Nel giorno convenuto il Santo mostra l’ostia alla mula e dice:

“In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione.”

E cosi avviene: Antonio non fa a tempo a finire di pronunciare queste parole che la mula abbassa la testa fino ai garretti e si inginocchia davanti al sacramento del corpo di Cristo.

Il neonato che parla

A Ferrara una famiglia è minacciata dal sospetto nato dalla gelosia: un padre non vuole nemmeno toccare il figlio nato da pochi giorni perché crede che sia frutto di un tradimento della moglie

Antonio prende allora in braccio il neonato e gli dice:

Ti scongiuro in nome di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nato da Maria vergine, di dirmi a voce chiara, cosi che tutti sentano, chi è tuo padre.

Il bambino, fissando negli occhi il genitore, visto che non può muovere le mani, legate dalle fasce, dice: “Ecco, questo è mio padre!”.

E rivolgendosi all’uomo i lsanto aggiunge:

Prendi tuo figlio, e ama tua moglie, che è intemerata e merita tutta la tua riconoscenza.

Il pane dei poveri

Tommasino è un bimbo di 20 mesi: la madre lo lascia in casa da solo a giocare e lo ritrova poco dopo senza vita, affogato in un mastello d’acqua.

Disperata invoca l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fa un voto: se otterrà la grazia donerà ai poveri tanto pane quanto è il peso del bambino. Il figlio torna miracolosamente in vita e nasce cosi la tradizione del “pondus pueri” una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a sant’Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso.

Il piede riattaccato

Un uomo di Padova, di nome Leonardo, confessa ad Antonio di aver dato con violenza un calcio alla propria madre. Antonio con aria di deplorazione commenta

Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all’istante”

L’uomo, colpito dal rimorso, una volta tornato a casa si recide il piede. La notizia si diffonde immediatamente per tutta la città, arrivando anche ad Antonio. Il santo raggiunge subito l’uomo e, dopo un’orazione, congiunge alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce.
E qui si compie lo straordinario miracolo: il piede rimane attaccato alla gamba, tanto che l’uomo si alza in piedi, inizia a camminare e saltare allegramente, lodando Dio e ringraziando Antonio.

Il cuore dell’avaro

In una località della Toscana si stanno celebrando con solennità i funerali di un uomo molto ricco. Al funerale è presente Antonio, che, scosso da un’ispirazione, si mette a gridare che quel morto non va sepolto in luogo consacrato, perché il cadavere è privo di cuore.

I presenti rimangono sconvolti e inizia un’accesa discussione. Alla fine vengono chiamati dei medici, che aprirono il petto al defunto. Il cuore non è effettivamente nella cassa toracica e viene poi rinvenuto nella cassaforte dov’era conservato il denaro.

L’incontro con Ezzelino

Antonio fu il difensore dei poveri, sempre e dappertutto, sfidando a viso aperto gli oppressori. Basti richiamare un solo episodio: l’incontro con il famigerato Ezzelino da Romano. Quando infatti viene a sapere di una terribile strage di uomini perpetrata dal temuto tiranno presso Verona, lo viole incontrare e gli riserva parole durissime.

“O nemico di Dio, tiranno spietato, cane rabbioso, fino a quando continuerai a versare sangue innocente di cristiani? Ecco, ti prende sopra il capo la sentenza del Signore, terribile e durissima!”.

Ma la reazione di Ezzelino è inaspettata: invece di dare l’ordine alle sue guardie di trucidare il frate francescano, comanda che sia allontanato senza violenza.
E aggiunge.

“Commilitoni, non stupitevi di ciò, Vi dico in tutta verità, che ho visto emanare dal volto di questo padre una specie di fulgore divino, che mi ha atterrito al punto che, di fronte a una visione cosi spaventosa, avevo la sensazione di precipitare subito all’inferno”.

La predica ai pesci

Come nella vita di San Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Antonio c’è la predica, non meno fantasiosa e poetica, ai pesci. Sarebbe avvenuta a Rimini. La città era ben salda in mano a gruppi di eretici.

All’arrivo del missionario francescano, i capi danno la parola d’ordine: chiuderlo in un muro di silenzio. Di fatto, Antonio non trova a chi rivolgere la parola. Le chiese sono vuote. Esce in piazza, ma anche li nessuno mostra di accorgersi di lui, nessuno fa caso a quello che dice.

Cammina pregando e pensando. Arrivato al mare, vi si affaccia e comincia a chiamare il suo uditorio:

“Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”.

E i pesci affiorano a centinaia, a migliaia, ordinati e palpitanti, ad ascoltare la parola di esortazione e di lode

La visione

Poco prima di morire Antonio ottiene di ritirarsi in preghiera a Camposampiero, vicino a Padova, nel luogo che il signore del luogo, il conte Tiso, aveva affidato ai francescani, nei pressi del suo castello.

Camminando nel bosco, Antonio nota un maestoso noce e gli viene l’idea di farsi costruire tra i rami dell’albero una specie di celletta. Tiso gliela allestisce. Il Santo passa cosi in quel rifugio le sue giornate di contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte.

Una sera, il conte si reca nella stanzetta dell’amico, quando, dall’uscio socchiuso, vede sprigionarsi un intenso splendore. Temendo un incendio, spinge la porta e resta immobile davanti alla scena prodigiosa: Antonio stringe fra le braccia Gesù Bambino.

Quando si riscuote dell’estasi e vede Tisio commosso, il Santo lo prega di non parlare con nessuno dell’apparizione celeste. Solo dopo la morte del Santo il conte racconterà quello che aveva visto.