Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui!

Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui!

26 Marzo 2023

Carissimo Teodoro, buona domenica. “Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui!” (Gv 11,1-45).

Può sembrare secondaria l’affermazione dell’apostolo Tommaso, eppure contiene una verità essenziale per comprendere meglio la realtà del “risuscitare con Gesù”.

Non si può essere partecipi alla risurrezione di Cristo, se non “moriamo con Cristo”. S. Paolo l’ha compreso bene:

“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rom 6,4). Siamo stati immersi nella morte di Cristo, per risuscitare con Cristo e in lui camminare in novità di vita, cioè in comunione con lui, morto e risorto per noi.

La nostra vita spirituale ha un duplice movimento di fede: è un morire per vivere. Un “lasciarsi crocifiggere con Cristo, perché Cristo viva in me. E la vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,19b-20).

E ciò che non ha compreso Marta, quando affermò: “So che mio fratello risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno” (Gv 11,24). Per lei, la risurrezione è cosa futura, per Gesù è realtà presente da vivere con lui: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25-26).

La risurrezione non è continuazione della vita presente, ma comunione di vita con Gesù, un lasciarsi trasformare progressivamente nella fede, per essere sempre in comunione con lui ed essere partecipi della sua gloria: “Padre, io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” Gv 17,6).

Forse, a causa della debolezza della nostra fede, Gesù grida ancora: “Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11,43). La morte con Cristo e l’essere sepolti con lui non è la fine, ma l’inizio della nuova vita in Cristo. Usciamo dal sepolcro, immergiamoci nella vita in Cristo:

“Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; e il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5,8-9).

In tale impegno di “risorti in Cristo” non siamo soli: lo Spirito sostiene la nostra fede, realtà dinamica ed interiore che suppone un progresso continuo fino alla comunione con Cristo e in lui con Dio, nostro Padre. Nella misura della nostra docilità allo Spirito di Dio e alla parola che egli ci insegna e ci fa vivere, la nostra vita di credenti si fa intensa, profonda, determinata:

“Noi tutti, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 3,18). Prima portavamo impressa l’immagine dell’uomo vecchio, ora siamo conformati all’immagine del Figlio di Dio (cf. Rm 8,29).

Nel Cristo e nello Spirito, la fede è attiva e dinamica, una “fede agente mediante la carità” (Gal 5,6), frutto dello Spirito (Gal 5,22), che si manifesta soprattutto come gioia di vivere insieme (Mt 18,20), di pace profonda che gode del bene e non si arrende al male (Rom 12,17-18.21), dominio di sé che produce nel credente un profondo equilibrio interiore, vera maturità spirituale, che ci fa affrontare la vita con coerenza e determinazione.

Un abbraccio affettuoso in Gesù