“Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito” (Mt 18,21-35). Siamo nel cuore del “discorso di Gesù alla sua comunità” (Mt 18,1-35): in esso i rapporti dei discepoli di Gesù devono essere improntati alla misericordia di Dio, che vuole che nessuno si perda, ma che tutti siano raggiunti dal suo amore.
La misura del perdono non può essere quella umana: “anche la pazienza ha un limite!”. Puntare il dito contro i credenti, compresi preti, frati e suore, perché non osservano tale comandamento del Signore, anche questa è una mentalità umana!
Non è poi questione di quante volte debbo perdonare. I rabbini consigliavano il perdono, ma limitato a tre volte. Pietro, in maniera simpatica, si spinge fino a “sette volte”: simbolicamente indicava la pienezza della misura del perdono, ma rimane nei limiti dell’umano.
La parola di Dio ci spinge a superare tale limite: “Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati?” (Sir 28,2-4).
Anche Gesù non ama tali misure: per lui il perdono deve superare la giustizia umana (Mt 5,38) e ispirarsi alla misericordia di Dio: “Se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,14-15).
La misura del perdono cristiano è quella di Dio: un amore senza limiti che usa misericordia verso tutti: “Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13). È il primato dell’amore: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” (1Gv 3,14).
La risposta di Gesù: “settanta volte sette” non indica una misura illimitata, ma la volontà di andare oltre ogni misura, perché l’amore non ha misura: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,4-7).
L’amore di Gesù crocifisso è la nostra misura: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Allora, facciamo nostra l’esortazione di S. Paolo: “Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,1-2).
Così ha fatto Gesù: “Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,4-5; Mt 8,17).
Ecco la grandezza del perdono cristiano: porta il peso delle fragilità del fratello che sbaglia e nell’amore ha compasione di lui e perdona cercando la pace e il bene: “Non rendete a nessuno male per male. E, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male con il bene” (Rom 12,17-18.21).
È un cammino spirituale impegnativo e un rinnovamento interiore difficile, per questo “il Signore guidi i nostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo” (2Tes 3,5).
Di più: “Il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,17.19).